C’era una volta un festival

La grave condizione italiana che penalizza i festival di spettacolo di strada

31-05-2018

C’era una volta un festival.

No, non è l’inizio di una fiaba, non c’è, per ora, un lieto fine. C’è la voglia di riscatto, la fatica delle persone che lavorano 22 ore al giorno per mesi, che in tasca, dopo la realizzazione del festival, hanno meno di quello che avevano quando hanno incominciato, ma sono felici, perchè tanta stanchezza è stata ripagata dall’emozione del pubblico, dai sorrisi delle persone, dalla partecipazione della città (o del borgo) dove il Festival è stato realizzato. 

Tanto lavoro di associazioni, direttori artistici, artisti, volontari. Tanto lavoro per realizzare qualcosa di magico, che porta poesia, cultura, colore e vita nelle città.

Mesi di preparazione, contatti coi fornitori, valutazione di proposte artistiche, creazione di programmi, ricerca di sponsor, formule magiche e vere e proprie collette per auto-finanziarsi.

L’obiettivo? Uno e uno soltanto: dare lustro e vitalità al paese, portare per i vicoli l’arte pubblica e lo spettacolo di strada, animare quartieri, rendere partecipi i cittadini tutti, da 0 a 99 anni. Coinvolgere i commercianti, fare della città una grande rete di collaborazione per ospitare l’arte.
Restituire gioia, cultura e linfa vitale a luoghi che per il resto dell’anno si ritrovano ad essere desolati, abbandonati, vissuti da pochi.

Chi organizza festival virtuosi non pensa ad intascare denaro, a monetizzare le ore di lavoro, ad incassare più di quanto spende.
Chi organizza festival etici pensa al giusto cachet per gli artisti, liberi, oltre al cachet, di esibirsi anche a cappello. Pensa ad una gestione green e attenta agli sprechi, a migliorare una situazione specifica, con una, due o tre giornate di festival di spettacolo di strada. 

Lo spettacolo di strada, così come l’arte in strada in genere, è portatore di vita, bellezza, colore. Può creare dal nulla comunicazione tra persone diverse. Unisce le masse, le fa emozionare, può aprire dialoghi e migliorare la qualità della vita di chi osserva, ma anche di chi ha la fortuna di abitare proprio lì, dove tanta magia ha preso vita.

Vogliamo parlare del turismo? Alcuni festival hanno la capacità straordinaria di portare turismo laddove vengono organizzati. Non serve fare esempi, basta aver partecipato almeno ad uno di questi festival di spettacolo di strada: folle numerose si riversano (solitamente in estate) nei luoghi dove si realizzano manifestazioni, concerti e altre forme d’intrattenimento. Non parliamo solo di Festival, parliamo per un momento di qualcosa di più ampio e di “diversa categoria”. Il risultato non cambia: persone, turismo, incremento nelle vendite delle attività commerciali. Poi, mentre si è in tal luogo, per vedere tal spettacolo o tal festival, magari ci si ferma a dormire, si cena fuori, si va a bere una cosa, si prende un gelato ai bambini e perchè no, magari si visita il luogo.

Non è forse un lungo elenco di cose positive, quelle che “accadono” con l’organizzazione di un festival?

Ultimamente (soprattutto da quando è entrata in vigore la Circolare Gabrielli - 2017) succede sempre più spesso che chi si occupa di associazionismo e lavora proprio all’organizzazione di festival di spettacolo di strada, si ritrovi come sospeso.
Si, perchè non si parla di un rifiuto netto, finalizzato alla non realizzazione del festival. SOSPESO.

Alla domanda dell’organizzazione “Si farà il festival quest’anno? Quale documentazione devo presentare?” Alcune amministrazioni rispondono “Si. Mh. No. Vediamo se ci sono i fondi” - o ancora - “non è possibile perchè il borgo non può essere messo in sicurezza - rispettando le nuove normative”. (La questione sicurezza va a discapito delle piccole manifestazioni, trattate esattamente come quelle grandi, ad esempio un concerto come quello del 1 maggio a Roma, senza tenere in considerazione la diversa possibilità economica, con il risultato di "soffocare" le piccole - medie manifestazioni).

Così, attraverso quello che certamente si può definire ostruzionismo, “semplicemente” accade che il festival, non si farà. Questo crea un vero e priorio AMMANCO CULTURALE alla comunità, senza parlare dei danni collaterali che subiscono gli artisti, come l'attesa infinita per la conferma di una data e via dicendo.

Un esempio spiacevole a noi vicino è quello di Castellarte alla sua 25a edizione. Tutto saltato, nonostante le richieste di dialogo presentate più volte all’amministrazione (leggi la notizia). Oppure L’Enna Buskers Fest. Incerta, alla fine di maggio, la 3a edizione del festival. Il motivo? “Non ci sono i fondi al momento”. Aggiungiamo noi, dopo aver fatto quattro chiacchiere con uno degli organizzatori - Non ci sono ora, ma anche se arrivassero, si trovassero miracolosamente le risorse con un crowdfunding, come è stato lo scorso anno, dove i cittadini di Enna hanno versato piccole quote per salvare il festival, non ci sarebbe tempo a sufficienza per la terza edizione, prevista a Luglio.

Non scriviamo per denunciare il comportamento di un Comune in particolare, ma ci rivolgiamo a voi tutti: cittadini e artisti, amministrazioni. Il nostro è un invito. Tenete conto del valore aggiunto che alcune di queste manifestazioni d’arte diffusa portano alle vostre città. Ricordate i sorrisi dei bambini, gli anziani che stanno in piedi fino all’una di notte per godersi uno spettacolo, i commercianti felici, le vie piene di persone e di vitalità. Pensate a quello che si perde, lasciando morire lentamente i festival virtuosi.
Non fate ostruzionismo, non lasciate nulla in SOSPESO. INVESTITE sulla CULTURA invece. Aiutate la realizzazione di queste virtuose opere di bene condiviso e sostenete l’incremento dell’arte diffusa, per il bene della vostra comunità.

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